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11-01-2021
Il cinema muto: un'epoca ricca di fascino e di film-capolavoro.
L’epoca del cinema muto è ancora in grado di emanare tutto il suo fascino ed è ricca di film-capolavoro.
Si fa iniziare con l’origine stessa del cinematografo, nel 1895. Si è conclusa con l’avvento del sonoro, dunque con il primo film parlato della storia del cinema: The Jazz Singer di Alan Crosland del 1927.
Ci vorrà, però, qualche anno perché l’evoluzione divenga la norma, trasportandoci per sempre in un’altra era.
Quella del cinema muto era fatta di grandi teatri e di musica dal vero.
Di atmosfere in bianco e nero e di opere che hanno inventato un linguaggio destinato a durare.
Sono molte più di cinque quelle che hanno fatto epoca, ma non c’è dubbio che tra loro ci sono anche quelle che abbiamo scelto di ricordare.
Un titolo fondamentale per tante ragioni.
Film dedicato al pacifismo, uscito in piena guerra mondiale.
Opera che ha modificato per sempre il linguaggio cinematografico: incredibili movimenti di macchina e un montaggio innovativo (quello alternato) che ha preso il nome di montaggio alla Griffith.
Per non parlare del montaggio parallelo, attraverso cui Griffith costruisce l’intero film. Quattro racconti, ambientati in epoche diverse, presentati separatamente e poi alternati in modo sempre più frenetico.
Risposta alle accuse di razzismo ricevute per Nascita di una nazione, si tratta di una monumentale messa in scena dell’intolleranza nei secoli, male supremo immutabile nel tempo.
Ancora oggi una lezione di cinema e un monito.
L’espressionismo raggiunge il pubblico di massa con questo capolavoro tedesco dedicato ai folli e alla follia, che anticipa di moltissimi anni l’avvento dei mind-game film contemporanei.
La realtà è soggettiva, irreale e misteriosa, frutto di allucinazioni perverse e di doppie personalità. Si potrebbe dire esattamente la stessa cosa parlando di A beautiful Mind di Ron Howard o di Shutter Island di Martin Scorsese, è invece è il 1920 e dietro la macchina da presa c’è Robert Wiene, popolare attore teatrale dell’epoca.
Strutturato come una pièce teatrale in sei atti, la pellicola racconta in flashback una storia ambientata in Germania intorno al 1830. Una storia di follia, come folli sono musiche ambienti. Strambi sono personaggi e realtà, un piano deformato e sfuggente, pronto a ribaltarsi nel suo doppio e a sorprendere sul finale.
Il cinema nasce documentario, eppure è a proposito dell’opera di Robert J Flaherty che per la prima volta il termine acquista un definitivo significato. E pensare che Flaherty inciampò quasi accidentalmente nel cinema, quando da studioso mineralista in una spedizione del 1910 portò con sé una cinepresa da utilizzare come taccuino visivo.
Nanuk l’eschimese è, dunque, uno dei primi documentari della storia, ed ottenne un grande successo di botteghino, raccontando la vita dell’eschimese Nanuk e della sua famiglia in un villaggio inuit nei pressi della Baia di Hudson. La loro vita quotidiana, la caccia, le giornate negli igloo, la costruzione dei kayak, il baratto delle pelli conciate, fino all'arrivo del terribile inverno polare. Un documento meraviglioso.
Considerato il film più importante della storia del cinema, parodiato fino a trasformarlo in leggenda, il capolavoro di Eizenstein ha un enorme valore per diverse ragioni.
Sponsorizzato dallo Stato sovietico per celebrare la rivoluzione, si inserisce a pieno titolo all’interno di quello studio sul linguaggio filmico di cui i sovietici furono grandi promotori.
Manifesto ed esercizio di stile, con una scena madre, quella ambientata sulla scalinata di Odessa, che in un colpo solo introduce la dilatazione narrativa e un montaggio sincopato che porta ai massimi livelli l’alternanza al cinema.
Parodiato, si diceva. Ma anche omaggiato in più occasioni. Basti guardare Gli intoccabili di Brian De Palma. La celeberrima scena alla scalinata della stazione è un saggio di bravura, ma ricalca in tutto e per tutto Eizenstein, carrozzina compresa.
Altra opera simbolo del cinema espressionista, Metropolis ci catapulta in un futuro distopico in cui le divisioni tra classi costringono la povera gente nel sottosuolo. Ambientato nel 2026, il capolavoro di Fritz Lang si scaglia contro l’inesorabile ritmo della produzione industriale, che sacrifica gli operai in nome del Dio denaro.
Punto di riferimento costante del cinema di fantascienza moderno, all’uscita tuonò come un blockbuster, e ancora oggi non smette di stupire e di far riflettere. Tra i tanti film che gli sono debitori ci sono anche Blade Runner e Guerre Stellari.
Alcune immagini di questa pellicola fanno ormai parte dell’immaginario collettivo. Basti pensare a quelle del ginoide che nel film viene chiamato “Maschinenmensch”, primo robot della storia del cinema.
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