il nostro blog
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27-01-2022
Proviamo a sintetizzare vent’anni di commedia (all’italiana) attraverso 10 straordinari esempi.
Da “I soliti ignoti” a “I nuovi Mostri”, o meglio, dalla commedia dell’arte alle migliori commedie contemporanee.
Il filone della commedia che maggiormente ci rappresenta ha avuto una sua stagione d’oro (dagli anni Cinquanta agli anni Settanta), i suoi interpreti e i suoi Maestri.
Monicelli, Risi e Scola, tanto per cominciare, sostenuti da sceneggiatori di tutto rispetto, come Age & Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Rodolfo Sonego, Bernardino Zapponi e Ruggero Maccari.
Quanto agli attori, veri e propri mattatori, inclusi i Colonnelli (quattro più uno): Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni, più Monica Vitti.
Da “I soliti ignoti” a “I nuovi Mostri” la risata è amara, parla di questioni di stretta attualità e irride i nostri vizi.
Proviamo a sintetizzare vent’anni di commedia (all’italiana) attraverso 10 straordinari esempi.
“La commedia all’italiana è questo: trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all'italiana da tutte le altre commedie.”
Si esprime così Mario Monicelli a proposito della commedia di cui è stato caposcuola, proprio a partire da “I soliti ignoti”, considerata la pellicola madre di tutte le commedie all’italiana.
Nei bassifondi della Capitale, un gruppo scalcinato di truffatori ha un piano per un colpo da fare al Monte di Pietà…
Monicelli scrive questo perfetto congegno ad orologeria assieme ad Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico e mette in scena un capolavoro.
Sullo schermo, tutti insieme, ci sono Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Totò.
Ambientato in Sicilia, nell’immaginaria città di Agramonte, “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi racconta la storia del barone Ferdinando Cefalù (Marcello Mastroianni) che, stanco della moglie Rosalia (Daniela Rocca), decide di servirsi del cosiddetto delitto d’onore per liberarsi definitivamente della consorte e vivere senza indugi la sua relazione con la cugina Angela (Stefania Sandrelli)…
Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale, Golden Globe per il Miglior Film Straniero, il Miglior Attore in un film commedia e tanti altri premi prestigiosi. All’italiana, come la commedia di cui stiamo parlando e a cui questo film ha regalato il nome.
Si ride… storto.
Si mettono al centro temi attualissimi e si fa la storia anche sociale d’Italia.
Uno dei film ad episodi più famosi di sempre.
Dino Risi si misura con una struttura cara alla commedia all’italiana.
In un periodo di crescente richiesta di film italiani, culminato nel 1962, anno in cui il prodotto nazionale incassò il 52% del totale, il film ad episodi si rivelò spesso un buon investimento, in quanto consentiva di sfruttare la popolarità di una star impiegandola in una partecipazione significativa, ma anche di mettere a frutto il breve periodo libero di un bravo regista o di saggiare le possibilità di un esordiente. Permetteva, inoltre, di assecondare quella velocità di commento a caldo, spesso satirico, sugli avvenimenti e sulle questioni di attualità, nel quale si stava specializzando la nostra commedia.
“I Mostri” del titolo sono Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman e gli italiani, tutti, del boom economico: ipocriti, infedeli, cinici ed egoisti.
“Adelina” vive a Napoli, non paga una multa e rischia di finire in carcere. Per evitare la carcerazione un metodo c’è: rimanere incinta.
“Anna” è una ricca milanese che tenta vanamente una relazione con un uomo che non appartiene al suo status sociale.
“Mara” è una squillo romana incuriosita da un giovane seminarista che le abita accanto.
Ancora un film ad episodi. Un genere nel quale il cinema nazionale si è specializzato, al punto di realizzarne ben 14 nel solo 1964, anno nel quale un film ad episodi italiano, “Ieri oggi domani” di Vittorio De Sica, vinse l’Oscar per il miglior film straniero.
Tre diverse storie accomunate dalla presenza di Marcello Mastroianni e Sophia Loren, pensate e scritte da Eduardo De Filippo, Alberto Moravia e Cesare Zavattini.
Un manifesto femminista interpretato dalla più femminista fra tutte: Monica Vitti.
È lei “La ragazza con la pistola”, nelle mani sapienti di Mario Monicelli diventa comica e parte alla volta della Gran Bretagna per lavare col sangue l’onore perduto.
Sceneggiato con Rodolfo Sonego e Luigi Magni, fotografato da Carlo di Palma, il film ironizza su come l’ambiente possa modificare intolleranze e pregiudizi, rappresenta una vera e propria svolta per la carriera di Monica Vitti ed è una sorta di educazione sentimentale per tutte le ragazze dell’epoca, un viaggio verso il riscatto e l’emancipazione.
Un compito non da poco, svolto alla perfezione.
Il muratore Oreste Nardi (Marcello Mastroianni) si innamora di Adelaide Ciafrocchi (Monica Vitti), fiorista del Verano. Abbandona la famiglia per lei, ma l’idillio è destinato a finire con l’arrivo di Nello Serafini (Giancarlo Giannini).
Il trio cercherà di trovare un accordo che però fallirà…
Botte, quante botte sulla spiaggia di Sabaudia, prese dall’allora controfigura della Vitti Fiorella Mannoia.
Monica Vitti ha già imboccato la sua strada, Giancarlo Giannini la trova ora, e il film è di quelli incapaci di invecchiare, grazie ai temi e ad una struttura narrativa modernissima.
L’Italia sta cambiando e anche la sua miglior commedia.
I primi segni del terrorismo acuiscono la tensione sociale, un intero sistema politico si sta sfaldando, ma di tutto questo non c'è apparentemente traccia nel film di Luigi Comencini.
Eppure… dietro la favola (con tanto di castello della strega, la villa della miliardaria americana Bette Davis, che domina la valle della baraccopoli romana) c’è la lotta di classe tra ricchi e poveri, la forza del denaro sempre vincente e moralmente giustificato, l'ingenuità del sottoproletariato che cade nell'illusione dell'utopia dell'intellettuale.
Anche qui si ride storto, grazie ai magnifici Alberto Sordi e Silvana Mangano, alle prese con una commedia che si sta evolvendo.
Roma, 1943. Durante la Seconda Guerra Mondiale, una sgangherata compagnia di avanspettacolo, composta dai coniugi Mimmo Adami e Dea Dani, riesce ad ottenere uno strepitoso successo al Teatro Petruzzelli di Bari. Ma la gloria non è destinata a durare…
Alberto Sordi e Monica Vitti, così ce li ricordiamo, perché “Polvere di stelle” è un film entrato nell’immaginario collettivo. I duetti giocosi di questi due grandi interpreti fanno parte della memoria cinematografica del nostro Paese e, dietro la risata, “Polvere di stelle” affronta da una inedita prospettiva un momento decisivo della nostra storia.
L’ennesima commedia all’italiana capace di resistere alla prova del tempo.
Quattro nomination agli Oscar, per la prima volta quella alla Miglior Regia ad una donna, Lina Wertmüller, alle prese con il suo capolavoro.
“Pasqualino settebellezze”, quarto film di una lunga collaborazione con Giancarlo Giannini (avviata nel 1972 con “Mimì metallurgico ferito nell’onore”), racconta, nella Napoli degli anni Trenta, la storia di un giovane, dai toni e dallo stile fortemente partenopei, che vive con sette donne: sua madre e le sue sorelle. Non ci sono solo le strade di Napoli e i delitti d’onore, c’è la guerra, ci sono i campi di concentramento e una riflessione sull’esistenza dura e profondissima.
Neorealismo, commedia all’italiana e un po’ di Fellini.
Ancora Monicelli, per concludere.
In una delle sue ultime interviste disse che la commedia all'italiana finì quando lui e gli altri registi e sceneggiatori fecero i soldi e si comprarono la macchina, perché le idee migliori fino a quel momento le avevano avute semplicemente prendendo il tram o l’autobus e guardando la gente semplice che si poteva incontrare in quei mezzi, pieni di quell'umanità propria degli italiani, a metà tra la commedia ed il dramma.
Il colpo di coda si intitola “I nuovi Mostri” ed è il seguito ideale de “I Mostri” di Dino Risi. Cambiano i tempi ma non i vizi dell’italiano medio, raccontati con caustico umorismo.
Tutti insieme, Monicelli, Scola e Risi, e ancora insieme Gassmann, Tognazzi e Sordi. La sceneggiatura è firmata da Age e Scarpelli, Bernardino Zapponi e Ruggero Maccari.
Non manca nulla, neppure la fotografia di Tonino Delli Colli e le musiche di Armando Trovajoli.
E dopo? La commedia all’italiana torna ogni volta che la risata si blocca in gola perché il presente fa capolino sullo schermo.
Mai nata, mai morta, come se ce l’avessimo un po’ tutti già dentro di noi.
E allora, lunga vita alla commedia, all’italiana ovviamente!
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