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Il film biografico in 5 titoli

30-08-2024

Il biopic gode da tempo di ottima salute. Ecco alcune riflessioni utili su questo straordinario genere cinematografico.

The Aviator di Martin Scorsese, A Beautiful Mind di Ron Howard, The Social Network di David Fincher, Lincoln di Steven Spielberg, Il traditore di Marco Bellocchio. Per non parlare della moltitudine di fiction biografiche televisive, incluse quelle ampiamente prodotte dalla Rai.

Il biographical motion picture (più comunemente detto biopic) gode da tempo di ottima salute. La biografia ha da sempre rappresentato una miniera di idee a cui attingere, ma all’approccio celebrativo di tanto cinema biografico del passato, si è sostituito oggi un punto di vista più pretestuoso.

Tanto per intenderci, è il 1927 quando esce il Napoleon di Abel Gange e il genere prende vita. Si celebra l’esistenza del famoso condottiero che assurge ad esempio di grandezza umana e intellettuale, di genialità fuori dalla norma.

E oggi? Il biopic è sempre meno semplice narrazione di un’esistenza, è il pretesto per parlare anche e soprattutto d’altro. In ogni caso, il compito che si trova ad affrontare uno sceneggiatore è arduo, deve destreggiarsi tra finzione e realtà, narrazione e storia. È già difficile adattare un romanzo, figuriamoci una vita vera. Forse per questo alla biografia e alla realtà in molti hanno preferito la falsa biografia. Arduo sceglierne solo cinque, il numero di biopic sfornati dal cinema e dalla televisione non si contano. Proviamo a fare un po’ di riflessioni su questo straordinario genere.

JFK - UN CASO ANCORA APERTO (1991)

Il più celebre e di successo dei tre film di Oliver Stone dedicati alle figure di Presidenti americani (gli altri sono Gli intrighi del potere - Nixon con Anthony Hopkins nella parte del Presidente omonimo e W. con Josh Brolin nel ruolo di George W. Bush) è una pellicola imponente di oltre tre ore. Espone i fatti immediatamente precedenti all'assassinio del Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy e le successive indagini ad opera del procuratore distrettuale di New Orleans all'epoca dei fatti, Jim Garrison, che dubita della tesi ufficiale successiva all'indagine della Commissione Warren, la quale stabilì che Lee Harvey Oswald fu il solo esecutore materiale dell'attentato.

Kevin Costner è Garrison e rimane volutamente sottotono per concentrarsi sull’interpretazione di un uomo tutto d’un pezzo, in grado di dimostrare che il complotto era stato organizzato dalle altissime gerarchie militari, dalla vicepresidenza, dalla Mafia, da certi circoli anticastristi, dai costruttori di armi.

Biopic d’inchiesta che portò alla creazione dell'atto di legge "President John F. Kennedy Assassination Records Collection Act of 1992" (conosciuto anche come "JFK Act") e alla formazione di una commissione d'inchiesta denominata “U.S. Assassination Records Review Board” incaricata di riesaminare l'inchiesta successiva all'omicidio di Kennedy. Per ora tutto ciò ha reso pubblici alcuni documenti relativi all'attentato precedentemente dichiarati top secret, ma i restanti dovrebbero essere resi di pubblico dominio nel 2029.

Non fu la prima volta, né l’ultima. Potere del Biographical Picture, che in più occasioni ha scoperchiato realtà scomode e ha rimesso in discussione la storia come ce l’hanno raccontata.

FORREST GUMP (1994)

Un biopic? Non proprio. Robert Zemeckis si ispira liberamente all'omonimo romanzo di Winston Groom del 1986, che narra la vita di un personaggio di fantasia, diretto testimone e artefice inconsapevole di importanti avvenimenti della storia della sua nazione.

È già difficile inventarsi un racconto, figuratevi adattare una storia vera, sia essa quella di un singolo uomo o di un’intera comunità. Gli sceneggiatori, oltre a trovarsi di fronte a tutte le problematiche di un adattamento, si trovano a dover affrontare un doppio rapporto con la storia vera. La storia passata, da alterare ma sempre in maniera plausibile, e la storia presente.

Il biopic interpreta il passato con categorie contemporanee, genera interesse se intrattiene un rapporto con l’oggi. Esattamente come avviene nella fantascienza, che ci proietta in un futuro che ci permette di esplorare aspetti chiave del presente dell’uomo e della società. Forse per questo, alla biografia e alla realtà in molti hanno preferito il falso-biografismo e il falso-documentarismo, ottenendo comunque un forte effetto di verità.

Forrest Gump (Tom Hanks) attraversa trent’anni di storia degli Stati Uniti d'America: dalla nascita del protagonista negli anni quaranta sino al 1982. Anni in cui Forrest, oltre a correre, conosce importanti personaggi della seconda metà del XX secolo come Elvis Presley, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, John Lennon, George Wallace e Richard Nixon, stabilisce un nuovo clima di pace tra Stati Uniti d’America e Cina, diventa una stella del football e del ping-pong, partecipa alla guerra del Vietnam e a un raduno hippy, assiste e inconsapevolmente determina eventi dalla portata storica. Sei Oscar e la capacità di trasformare la falsa biografia in capolavoro.

MAN ON THE MOON (1999)

Dai film biografici celebrativi di tanto cinema del passato ad un punto di vista pretestuoso. Il biopic è sempre meno semplice narrazione di un’esistenza, si trasforma in una sorta di pretesto per parlare, anche e soprattutto, d’altro.

Man on the Moon di Miloš Forman, ad esempio, partendo dalla vita dell’irriverente comico Andy Kaufman (Jim Carrey), diviene una profonda riflessione sul mondo dello spettacolo e sul senso dell’apparire. Niente va preso sul serio: questo il messaggio del grande, rivoluzionario personaggio di Andy Kaufman. A metterlo in scena su carta, gli sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszweski che da Ed Wood di Tim Burton fino al più recente Larry Flynt, sempre di Forman, hanno cercato con successo di rivalutare figure sotterraneamente per così dire “sovversive”.

Lo scopo è quello di mettere in scena l’amarezza del diverso, del genio incompreso, prendendo in prestito una vita vera, la storia, tra fantasia e realtà, dello stralunato comico Andy Kaufman e del suo bizzoso alter-ego Tony Clifton.

LA PASSIONE DI CRISTO (2004)

Una vita contiene molte storie al suo interno. Quale raccontare e per quale ragione? Quante vite di Gesù di Nazareth sono state portate sullo schermo, quante con esiti profondamente diversi. Solo per citarne alcuni: tra sacro e profano, Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paola Pasolini, che gioca in sottrazione per puntare i riflettori sugli ultimi della società; Jesus Christ Superstar di Norman Jewison, una componente musicale senza precedenti, con richiami alla cultura hippie, in cui il Messia non compie miracoli, ma è schiacciato dal peso della sua missione; La Passione di Cristo di Mel Gibson, che mette in scena il martirio con un realismo portato all'estremo, puntando sull’esibizione della violenza.

La vita di un personaggio, sia esso una personalità carismatica, un leader, un grande criminale o un artista, può essere raccontata secondo un vasto numero di chiavi tematiche. Eventi realmente accaduti, o ritenuti tali, possono essere organizzati in una drammaturgia per enfatizzare ogni volta un senso diverso.

Colossal cinematografico, La passione di Cristo di Mel Gibson racconta il martirio, mettendo in scena le vicende di Gesù di Nazareth nei suoi ultimi giorni di vita, noti come la passione di Gesù, fino al momento della sua crocifissione, trasformandosi nell’opera religiosa più controversa e discussa di tutti i tempi.

MILK (2008)

Questione di temi anche per Gus Van Sant, che nel 2008 porta sul grande schermo la vita di Harvey Milk (Sean Penn), primo gay dichiarato ad essere eletto ad una carica politica negli Stati Uniti. Van Sant immerge lo spettatore in un perfetto contesto d'epoca, mischiando la pellicola nuova a riprese di repertorio con l'aggiunta di molte idee originale. Non trasforma Milk in un santo, tentazione di molti biopic, e si lascia guidare da un’euforia militante, una passione civile che il vero motore di questa operazione.

Sean Penn merita l’Oscar, coinvolge, commuove, la sua interpretazione vale da sola il prezzo del biglietto. Ma, oltre il personaggio, c’è una rievocazione d’epoca precisa, capace di mettere in scena quasi in maniera documentaristica un momento decisivo della lotta per i diritti civili in America. Ancora oggi, una testimonianza, che vale come monito per la difesa di tutte le minoranze e dei loro diritti.

Lunga vita al biopic e alla sua fame di verità, di realtà. Forse esausto da esperienze sempre più virtuali e solitarie, il pubblico sembra gradire, e l’idea di collegare la fortuna del film biografico all’altrettanto recente rinnovato interesse per il genere documentario è a dir poco intrigante.

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