il nostro blog
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12-07-2021
Il montatore è "il braccio destro del regista a partire dalla fine delle riprese".
Un film si scrive e si riscrive molte volte. L’ultima volta si mette la parola fine ed è per questo che è la riscrittura più importante. Ad eseguirla è il montatore, "il braccio destro del regista a partire dalla fine delle riprese". A spiegarcelo è Alessio Doglione, un David di Donatello (per il montaggio di "20 sigarette" di Aureliano Amadei) e una lunga carriera nel cinema e nella televisione.
Sono davvero tanti i film di cui ha curato il montaggio, da "Nel mio amore" di Susanna Tamaro a "La terza stella" di Alberto Ferrari, da "Tartarughe sul dorso" di Stefano Pasetti a "La stoffa dei sogni" di Gianfranco Cabiddu. Impossibile elencarli tutti, una grande esperienza che da anni mette al servizio delle nuove leve, guidando il corso annuale di montaggio dell’Accademia Griffith.
Alessio Doglione, per prima cosa ci spieghi in che cosa consiste il tuo lavoro?
È la parte finale della lavorazione di un film o di una serie televisiva, è la fase di lavorazione di un film in cui si dà una forma finale all’opera. Possiamo immaginare il montaggio come il momento in cui un prodotto audiovisivo viene cucinato, avendo a disposizione tutti gli ingredienti raccolti in precedenza: una sceneggiatura, il materiale audiovideo frutto delle riprese, più in generale un progetto. Tutto ciò ha bisogno di una verifica ed è necessario che tutto questo materiale prenda una forma definitiva. È questo l’obiettivo del mio lavoro.
Quante persone lavorano a questa fase?
Non sono molte, di solito il montatore e i suoi assistenti, un massimo di tre, quattro persone. Se però immaginiamo l’intera postproduzione, allora diventano diverse decine di persone, che si occupano, ad esempio, di color correction, montaggio sonoro, musiche, grafiche, e sono tutte coordinate da regia e da montaggio.
Tra le numerose professioni del cinema e della televisione, secondo te perché un giovane dovrebbe scegliere proprio il montaggio?
Le ragioni sono diverse, a partire dal fatto che il montatore è uno dei pochi professionisti del cinema e della tv che si relaziona con tutto: recitazione, luci, musica, insomma tutto ciò che concorre alla creazione dell’opera.
Il montaggio è nato insieme al cinema ed è un mestiere molto specifico. Se il direttore della fotografia può fare anche il fotografo, se un costumista può lavorare anche a teatro o per qualche casa di moda, il montatore non può fare altro che lavorare per il mercato audiovisivo, non può fare altro che il montatore
Diciamo che è il vero braccio destro del regista una volta che si sono concluse le riprese. Da questo momento in poi diventa un’estensione della regia.
Scegliere montaggio significa abbracciare un lavoro molto creativo in cui certo è importante la tecnica ma conta soprattutto la propria sensibilità. Da questo punto di vista è un ruolo che ha subito molte trasformazioni.
Cosa ha prodotto questo cambiamento?
È stato il passaggio dalla moviola al software, soprattutto.
Il software permette al montatore di avere tutto sotto controllo e di lavorare su tanti aspetti, non più solo sulla struttura visiva delle scene. Ti offre la possibilità di avere un impacchettamento completo di un film, a me a volte viene in mente di ipotizzare anche la grafica dei titoli, il loro carattere, gli effetti visivi e sonori, il posizionamento delle musiche. Insomma, ha esteso il lavoro del montatore, un mestiere sempre meno tecnico e sempre più creativo.
Sceneggiatura e montaggio. Due fasi così distanti da essere tangenti. Quali analogie ci sono e che ruolo ha la sceneggiatura durante il montaggio?
Ci sono molte analogie tra questi due lavori. Il montaggio è una riscrittura, ma con quello che si ha. La grande differenza è che quando scrivi hai davanti a te la gamma del possibile, ti puoi immaginare qualunque cosa, a parte ciò che sai di non poter scrivere per ragioni produttive. Il montaggio è invece una riscrittura con quello che esiste, devi fare i conti con quello che hai, ma i limiti molto spesso sono uno slancio e permettono di ridefinire il film da un punto di vista narrativo.
Ogni film è un progetto che è sempre una scommessa, anche se hai di fronte a te una sceneggiatura impeccabile poi esiste la vita, esistono gli attori, le cose che non ti aspetti, il giorno che piove e doveva esserci il sole. A volte ci sono cose sorprendenti che sono in più, diverse, capaci di spostare l’equilibrio del racconto, di portare il film in una direzione diversa.
Lo script è sempre presente e il primo montaggio è sempre molto vicino alla scrittura, si riparte da lì. Poi si capiscono le modifiche da fare in base al girato, che può aver cambiato anche molto il percorso del progetto.
Di solito come si diventa montatori?
Un tempo non c’erano dubbi, si cominciava sempre dal suolo di assistente, attraverso la gavetta. Si iniziava presto e si imparava il lavoro affiancando i maestri. Ma oggi le cose sono diverse. I montatori arrivano al montaggio piuttosto preparati tecnicamente, sono laureati, escono da accademie, insomma possiedono già una grande formazione.
Le strade sono due: si può ancora iniziare dal ruolo di assistente, ma si può anche decidere di partire facendo i montatori. Io, per esempio, non ho mai fatto l’assistente, perché spesso sono le accademie ad offrire le prime opportunità, grazie agli incontri. A me è capitato di lavorare con miei ex compagni di corso, e ci lavoro anche oggi, perché nel frattempo sono diventati registi a tutti gli effetti e abbiamo continuato a collaborare.
Quale consiglio daresti a chi comincia?
Dirò una cosa poco pragmatica, e cioè di fare tutto ciò che non riguarda direttamente il montaggio… andare a vedere mostre, film, leggere libri, sentire musica, fare aperitivi, viaggi. Tutto ciò che è esperienza di vita arricchisce il lavoro. Quando studiavo mi ripetevano spesso di cercare l’espressività, all’epoca mi sembrava un concetto molto teorico. Poi lavorando ho compreso che ci sono continuamente rimandi alla propria esistenza. Ad un certo punto la tecnica è stata assimilata e allora si comincia a scegliere di pancia. La maggiore ricchezza che puoi portare nel tuo lavoro è la tua vita, la tua persona, la tua esperienza, la tua sensibilità, il tuo gusto, e tutto questo si forma attraverso le esperienze.
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