il nostro blog
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06-05-2022
Alcuni hanno fatto la storia del cinema.
Sono considerati i maestri della luce, ma anche dell’inquadratura. Sono a capo del Reparto Fotografia e rappresentano una delle figure professionali più importanti di un set cinematografico o televisivo.
Fotografi e operatori di camera allo stesso tempo, possiedono un talento estetico ed espressivo, messo a disposizione attraverso le inquadrature e l’illuminazione.
Anche in Italia, alcuni hanno fatto la storia del cinema e percorsi internazionali così rilevanti che ne conosciamo nome e cognome.
Ve ne proponiamo 4, davvero indimenticabili.
Pioniere, sperimentatore, innovatore. Da giovanissimo operatore di macchina a direttore della fotografia, Tonino Delli Colli ha cambiato il destino di questo mestiere.
È stato infatti il direttore della fotografia del primo film italiano a colori (Totò a colori di Monicelli e Steno) e ingaggiato per il film Accattone di Pier Paolo Pasolini sfrutta imperfezioni e contrasti, sovvertendo regole sin lì consolidate.
Nel 1966 incontra Sergio Leone e per lui cura la fotografia dei capolavori Il buono, il brutto, il cattivo, C’era una volta il West e C’era una volta in America.
Il cinema internazionale non sta a guardare, lo chiamano tra gli altri anche Jean-Jacques Annaud (Il nome della rosa), Roman Polanski (Luna di fiele, La morte e la fanciulla) e Louis Malle (Lacombe Lucien).
Indissolubilmente legato alla filmografia di Pasolini (Mamma Roma, Il Vangelo secondo Matteo, Uccellacci e uccellini, Il Decameron, I racconti di Canterbury), e buona parte di quella di Dino Risi (Poveri ma belli, Anima persa, Primo amore) e di Mario Monicelli (Caro Michele, Viaggio con Anita, Facciamo Paradiso), Tonino Delli Colli ha fotografato Intervista e La voce della luna di Federico Fellini. Regalato luce ed estetica a La vita e bella di Roberto Benigni.
Attraversato sessant’anni di cinema, illuminandolo in maniera straordinaria.
Giuseppe, o meglio, Peppino Rotunno è stato il primo direttore della fotografia non americano a essere ammesso all'American Society of Cinematographers, uno dei più alti riconoscimenti nel campo della fotografia cinematografica.
Oltre a lavorare con i più grandi, da Luchino Visconti a Federico Fellini, ha diviso la sua carriera tra Italia e resto del mondo, soprattutto Stati Uniti d’America, ed è ancor oggi considerato uno dei maggiori direttori della fotografia internazionali.
Nel 1959 firma la fotografia de L’ultima spiaggia di Stanley Kramer, nel 1966 La Bibbia di John Huston. In seguito, Alla That Jazz di Bob Fosse, Le avventure del barone di Munchausen di Terry Gillian, A proposito di Henry di Mike Nichols, solo per citare alcune tra le sue incursioni nel cinema d’oltreoceano.
In Italia, ha partecipato alla realizzazione di alcuni tra le nostre più importanti pellicole: da La grande guerra di Mario Monicelli a Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, da Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica a Amarcord di Federico Fellini.
Ha vinto sette Nastri d’Argento per la Migliore Fotografia, diversi David, tra cui quello alla Carriera, e quasi un Oscar per All That Jazz, film grazie al quale ha vinto un Premio Bafta.
Fin dalla sua prima esperienza come direttore della fotografia (nel 1968 con Giovinezza, giovinezza di Franco Rossi), Vittorio Storaro ha inserito la sua impronta digitale, fotografica e figurativa, ottenendo l’attenzione di importanti registi come Luca Ronconi, Bernardo Bertolucci, Francis Ford Coppola, Woody Allen e Warren Beatty.
L’Oscar arriva nel 1980 per la fotografia di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Ne vincerà poi altri due nel 1981 e nel 1988 grazie ai film Reds di Warren Beatty e L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci.
Proprio con Bernardo Bertolucci, il nostro direttore della fotografia più premiato ha vissuto un vero e proprio sodalizio artistico, che lo ha portato ad illuminare anche i kolossal internazionali Il tè nel deserto e Il piccolo Buddha.
Dalla volontà di avvicinarsi alla scrittura di storie alla decisione di scrivere con la macchina da presa, Vittorio Storaro ha davvero scritto con la luce alcune delle pagine più belle della storia del cinema.
Gli sarebbe bastata la sequenza iniziale di Apocalypse Now per cambiare la storia della sua arte. All’inizio del film, un ufficiale americano (Martin Sheen) si è rinchiuso in una camera d’albergo a Saigon, per smaltire il terrore e il senso di colpa provato in guerra. Tutta la sequenza è trattata come se fosse un incubo ad occhi aperti. Sul suo primo piano sono sovrimpresse immagini al rallentatore; in un angolo in alto a sinistra, il ventilatore della stanza introduce simbolicamente il ruotare delle pale di un elicottero, protagonista del Vietnam raccontato da Coppola. Una sintesi visiva e sonora, con la musica di "The End" che si fonde al rumore rallentato, distorto e confuso delle pale di elicotteri e ventilatore.
Ancora una volta, oltre all’Italia Hollywood.
Sua la fotografia di film del calibro di Manhunter - Frammenti di un omicidio di Michael Mann, L.A. Confidential di Curtis Hanson, Bandits di Barry Levinson, Red Dragon di Brett Ratner, Ant-Man and the Wasp di Peyton Reed.
Con alcuni registi Dante Spinotti ha stretto sodalizi destinati a durare nel tempo e a portare grande fortuna. Impossibile non citare quello con Michael Mann. Insieme hanno realizzato anche i cult movie L’ultimo dei Mohicani, Heat – La sfida, Insider – Dietro la verità, Nemico Pubblico – Public Enemies.
La sua carriera inizia però in Italia, sempre al fianco di grandi registi. Dirige la fotografia de La leggenda del Santo Bevitore (1988) e de Il segreto del bosco vecchio (1993) di Ermanno Olmi, dopo aver lavorato con Sergio Citti (Il minestrone), Gabriele Salvatores (Sogno di una notte di mezza estate), Lina Wertmuller (Sotto.. sotto.. strapazzato da anomala passione), Liliana Cavani (Interno Berlinese). E, nonostante l’America, torna a lavorare spesso nel suo Paese, per Giuseppe Tornatore (L’uomo delle stelle), per Roberto Benigni (Pinocchio).
Nel 2000 ha ricevuto il premio Camera Image, riconoscimento per la sua opera consegnatogli durante il XVII Festival Internazionale d'Arte Cinematografica di Lodz, in Polonia.
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