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Le regole della drammaturgia: 5 da non infrangere mai

30-09-2024

Se avete fame di essere ascoltati, ecco 5 regole di drammaturgia da non infrangere mai.

Non sarà una scienza esatta, ma anche la drammaturgia ha le sue regole. Molte sono state infrante, nel tentativo di produrre qualcosa di originale, di andare altrove. Contro alcune vanno solo i pazzi, perché non hanno a cuore i bisogni del loro pubblico. Se avete fame di essere ascoltati, queste cinque regole non andrebbero infrante mai.

1)ABBIAMO BISOGNO DI PROBLEMI

Lui ama Lei. Lei ama Lui. Questo è un fatto. Lui e lei si amano, ma il loro amore è impossibile, come nel Moulin Rouge! di Baz Luhrmann. Questa è drammaturgia. E pensare che ogni volta abbiamo la sensazione di vedere un film o una serie solo per distrarci, per intrattenerci.

La verità è un’altra, dalla notte dei tempi. Guardiamo un film o una serie per preoccuparci dei problemi degli altri. Il problema in drammaturgia prende il nome di conflitto, e chi lavora su questa complessa materia sa bene che non esiste dramma senza conflitto.

Il contrasto produce azione, attiva i personaggi e li spinge verso una meta. Ci mette di fronte alla frustrazione di chi non riesce a raggiungere subito i propri obiettivi e ci mostra quanto la vita ci possa cambiare. 

2)TUTTO DEVE ANDARE IN SALITA

Sostiene Alfred Hitchcock: “Bisogna che il film segua un continuo crescendo”. Gli fa il verso François Truffaut: “Un film in calando raramente piace, questa è una legge che difficilmente viene smentita”. L’effetto è quello di una valanga che s’ingrossa man mano che avanza.

Conflitti sempre più intensi, terribili verità sempre più vicine. Il crescendo più che un principio è una regola e riguarda ogni aspetto di una sceneggiatura. Il dramma è sempre una corsa in salita: muri sempre più alti, prove sempre più ardue. Come in un videogame, aumenta il livello di difficoltà, e con esso, potenzialmente, il livello di partecipazione.

Il principio è antico: le storie vanno costruite in crescendo.

3)VERO? NO! VEROSIMILE

Anche ciò che è inverosimile per il pubblico è inaccettabile, lo riporta bruscamente alla realtà. Lo mette di fronte alla mancanza di fantasia e di preparazione dell'autore.

Chi dice verosimile dice credibile. È ovvio che lo spettatore sa di assistere ad una rappresentazione, ma non ama che un autore glielo ricordi attraverso ciò che percepisce come innaturale.

Non dimentichiamo però che il verosimile filmico, il credibile, dipende anche dall’universo che intendiamo rappresentare. Guardando "Il settimo sigillo" di Ingmar Bergman a nessuno verrebbe in mente di contestare il fatto che uno dei personaggi rappresenta la morte.

4)MENO È MEGLIO

Si sostiene che maggiore è la concentrazione di informazione maggiore sia la densità del racconto. Si dice densa una sceneggiatura alla quale non si può togliere nulla.

Le sceneggiature americane sono, dunque, spesso più dense di quelle europee? Non proprio, qui andrebbe preso in esame il concetto di scene inutili, di immagini inutili. Insistere su uno stato d’animo, su un dettaglio, su un ambiente può non essere inutile, dipende dall’effetto che vogliamo produrre, dal ritmo generale del film, dalle sue atmosfere.

Qualunque sceneggiatura dovrebbe contenere al suo interno solo ciò che è necessario. Ovviamente, “ciò che serve” dipende dalla storia che stiamo raccontando.

Cosa sarebbe I quattrocento colpi di François Truffaut senza la celebre scena del teatro dei burattini? Il percorso di Antoine Doinel si cristallizza in una sequenza di primi piani: puro e commovente ritratto del mondo dell’infanzia. 

5)E ALLA FINE TUTTO TORNA

Altra questione centrale, nel cinema come in qualunque forma d’arte.

Tutto torna, sensazione antica quanto il mondo drammaturgico, e da sempre così piacevole per lo spettatore.

Ogni forma d’arte si sforza di arrivare ad un senso di unità. Sia ascoltando un brano musicale sia osservando un dipinto o guardando un film, vogliamo sentire che si tratta di un pezzo unico, compatto. Forme d’arte diverse raggiungono questo scopo con modalità differenti, la musica con ritmi e motivi, la pittura attraverso colori, materiali e forme ricorrenti, l’architettura ripetendo medesimi motivi nelle finestre o negli archi. Anche il film, dunque, ha bisogno di unità e compattezza.

Molti principi della drammaturgia puntano alla compattezza narrativa, dal principio delle unità (di tempo, luogo, azione) al principio della causalità (il contrario della coincidenza). A questo serve seminare (un personaggio, mezza battuta di dialogo, un oggetto) e poi raccogliere, per questo amiamo la circolarità narrativa.

Se alla fine tutto torna nulla sembra affidato al caso.

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