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18-02-2021
La serie oggi è il luogo privilegiato del racconto.
La serialità non è stata inventata dalla televisione, né si tratta di un fenomeno recente. Senza andare troppo lontano, basti pensare al romanzo a puntate ottocentesco di cui furono autori scrittori del calibro di Dickens, Dumas, Balzac, Collodi, Flaubert, Dostoevskij e Tolstoj. Oggi come allora, la serialità imbriglia nella rete grazie ad un sistema di colpi di scena e di scelte drammaturgiche che inducono il lettore/spettatore a voler assolutamente conoscere il seguito.
La serie oggi è il luogo privilegiato del racconto e chi si imbatte nella sua scrittura non può dimenticare certe strategie. Ve ne proponiamo cinque, queste non possono davvero mancare.
Cominciamo dal principio. Se il racconto seriale vuole catturare la nostra attenzione deve farlo presto. Strategia frequentata anche dal cinema (soprattutto quello action-adventure), il teaser è norma nella stragrande maggioranza degli show televisivi, come li chiamano gli americani. Una sequenza d’apertura mozzafiato di circa cinque minuti che ci catapulta nell’azione, con il preciso obiettivo di farci cadere nella rete nei primissimi minuti di programmazione. Non è un caso se tra i suoi tanti nomi c’è anche hook(uncino), perché il suo compito è agganciarci e non mollare la presa.
È stata la minaccia del telecomando a trasformare in norma la strategia, che oggi tende a legare sempre più strettamente teaser e resto dell’intreccio, dando in pochi fotogrammi ai protagonisti un motivo per indagare, combattere, desiderare.
Tanto per intenderci, citiamo Mr. Mercedes, show statunitense direttamente ispirato all’omonimo romanzo di Stephen King. Un ragazzo in preda a disturbi psichici, indossando la maschera di un clown, investe e uccide intenzionalmente diverse persone in attesa di partecipare ad una fiera del lavoro, divenendo noto come Mr. Mercedes per aver usato una Mercedes SL 500 rubata. E il racconto è servito.
Catapultiamoci dall’altra parte del dramma, ma non solo. Il finale si chiude su un inaspettato colpo di scena che rimanda alla puntata o alla stagione successiva. Il cliffhanger è un finale intermedio che lascia con il fiato in sospeso, costringendo lo spettatore a desiderare un altro appuntamento, a voler conoscere il seguito. Detto anche aggancio, questo particolare colpo di teatro lascia una certa fame di finale ed è tipico dei feuilletons letterari, radiofonici e televisivi.
Ma attenzione, perché hanno la medesima funzione la gran parte dei colpi di scena presenti all’interno delle singole puntate: sorta di mini-cliffhanger utili ad ancorare lo spettatore nel corso del dramma. Grande passione della televisione generalista, obbligata ad inserire pause pubblicitarie. Prima di ogni stacco promozionale, ha sempre inserito elementi sorprendenti, con il risultato di aver dato vita ad un vero e proprio schema strutturale, così avvincente che anche le serie in streaming (dunque senza pause) sembrano non poterne fare a meno.
Citiamo questa volta C.S.I. Las Vegas. Il culmine della sua serializzazione lo raggiunge con il “killer delle miniature”, un assassino seriale che dona un sapore da serial alla settima stagione e che, con un cliffhanger, lascia lo spettatore nell’attesa e nel dubbio fino all’ottava, per poi ricomparire nella nona. E la serie serializzata è servita.
Ogni tanto è necessario ricapitolare, vista la lunghezza del racconto seriale. Il termine tecnico "si fa memoria" rimanda alla necessità di rinfrescare quella dello spettatore, reintroducendo vecchie informazioni. Certo, ci sono già i riassunti delle puntate precedenti, ma sono brevi e non sempre sufficienti a mettere sul tavolo tutte le carte in gioco.
Ricapitolare, riepilogare, vista l’estensione temporale del materiale narrativo, diventa una necessità, anche se pericolosa. La strategia va dunque messa in atto nel migliore dei modi, senza dare allo spettatore la sensazione di trovarsi di fronte ad uno "spiegone", altro termine tecnico, ma dal valore negativo. Il pubblico potrebbe accorgersene e allora meglio ripetere nel modo più naturale e verosimile possibile, integrando le informazioni in maniera corretta.
"Nelle serie televisive ciclicamente bisogna spiegare quello che è successo, la trama. Si fa soprattutto per i vecchi" – ci dice Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti) nella serie Boris 2, parodia di una "cattiva" televisione e di un Italia che “smarmella”, tanto per dialogare con gli amanti di questa strepitosa sitcom nostrana.
Siamo ancora nei pressi della ripetizione, tanto cara a cinema e a tv.
Tutto può ripetersi in un film o in una serie: inquadrature, battute di dialogo, comportamenti e suoni.
In tv lo scopo principale è creare affezione, soprattutto se a ripetersi sono strutture, ambienti e personaggi. Il pubblico conosce ciò che lo aspetta, lo desidera, tornando incessantemente nel medesimo modo sugli stessi ambienti e con la stessa gente.
Il ritorno dell’identico risponde ad un bisogno infantile, ci ha lasciato scritto Umberto Eco: ascoltare e riascoltare sempre la stessa familiare storia.
In Sex and the City sai che le quattro amiche protagoniste si ritroveranno a parlare intorno a un tavolo. In Deadwood, ti aspetti di vedere Al Swearengen (Ian McShane) sul balcone del suo saloon. E il contato affettivo è garantito.
C’è stato un tempo in cui la tv ne ha fatto volentieri a meno, proponendoci programmazioni "a singhiozzo" ed episodi autoconclusivi.
Poi, la tv ha sposato il cinema, e il pubblico non ha più potuto farne a meno.
La linea orizzontale, tecnicamente, è un plot che attraversa l’intero progetto, ci trasporta di puntata in puntata e ci fa venire il desiderio di conoscere il seguito.
In un film le trame sono tutte orizzontali (a meno che il film non faccia parte di una saga): fili rossi che attraversano il dramma dall’inizio alla fine.
In tv si distingue tra orizzontale e verticale (trama che si esaurisce nell’arco di un segmento), ma il contemporaneo trionfo della serialità ha fatto della storyline orizzontale (story arc o narrative arc) il suo principale polo di attrazione.
Mantiene vivo l’interesse dei telespettatori verso lo show, li cattura nella rete. Il pubblico sembra gradire sin dai tempi di Hill Street giorno e notte (Hill Street Blues), considerata la prima serie tv contemporanea. Sette stagioni, dal 1981 al 1987, e non più solo la lotta contro il crimine, ma anche le vicende private dei protagonisti, da seguire di puntata in puntata.
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