il nostro blog
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26-06-2020
Sono molti i film indimenticabili della storia del cinema.
Sono molti i film indimenticabili della storia del cinema. Passa il tempo ma loro non invecchiano mai. Per fortuna sono ben più di venti, e sono tutti imperdibili, come quelli che trovate in questo elenco.
Da Quarto potere a Mystic River, buona Visione!
L’esordio alla regia di Orson Welles è considerato uno dei film più importanti della storia del cinema. Quarto potere racconta la vita del magnate della stampa Charles Foster Kane (Orson Welles), che a fine carriera muore abbandonato da tutti. La sua ultima parola è “Rosabella”. Un mistero che il direttore di un cinegiornale vuole scoprire attraverso un’inchiesta. Cinque persone che lo conoscevano molto bene raccontano parti della sua vita e spetta al pubblico ricomporre il puzzle. La modernità irrompe al cinema prima dell’avvento del cinema moderno: una struttura ad incastro che infrange la regola fondamentale dell’illusione di realtà del cinema classico, assenza di protagonista, di lieto fine e di senso palese.
Divenuto nel corso del tempo una delle pietre miliari del cinema della Hollywood classica, Casablanca ha ispirato tanti registi ed è stato oggetto di parodia, fino a farsi mito. Rick Blaine (Humphrey Bogart) vive a Casablanca, mentre in Europa imperversano i nazisti. Il suo desiderio di “restarne fuori” viene boicottato dall’arrivo di una donna di cui è ancora innamorato (Ingrid Bergman) e da un fervore politico non ancora del tutto sopito. Alcune scene sono rimaste indelebili, come quella del pianista Sam (“Suonala ancora Sam”) che suona As time goes by. Sentimenti e impegno (che valse al film 3 Oscar alla fine del conflitto), e un’atmosfera indimenticabile.
Joe Gillis (William Holden) è uno sceneggiatore squattrinato che vive e lavora ad Hollywood. Per fuggire ai debiti, si rifugia in una grande villa dove vive una vecchia gloria del cinema muto (Gloria Swanson). In cambio della sua ospitalità si offre di scrivere con lei un nuovo film da presentare a Cecil DeMille… Per la prima volta, la voce narrante è quella di un morto e il film è raccontato in flashback. Dopo Viale del tramonto, questa struttura verrà riproposta più e più volte, ma il film è di quelli che lasciano il segno per tante ragioni.
Mario Monicelli firma il film che inaugura una delle migliori stagioni del nostro cinema di sempre. La commedia all’italiana comincia a graffiare con ironia proprio grazie a I soliti ignoti, raccontando una Roma proletaria in cui si muovono poveracci truffaldini. La sceneggiatura è un capolavoro, d’altronde è firmata da Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico. Anche gli attori sono assolutamente perfetti, da Marcello Mastroianni a Vittorio Gassman, da Claudia Cardinale a Totò.
Altra stagione, altro film capace di trasformarsi in uno spartiacque. I 400 colpi inaugura la Nouvelle Vague francese e, allo stesso tempo, un ciclo di film che Truffaut dedica all’alter ego Antoine Doinel (Jean Pierre Léaud). L’infanzia, età incompresa dal mondo degli adulti, una fuga a perdifiato dalle istituzioni, classe o famiglia che siano, e uno stop-frame che guarda il mare. Fare i 400 colpi in francese significa “farne di cotte e di crude”. Truffaut si spoglia completamente, mette in scena sé stesso e un nuovo modo di intendere il cinema.
Uno shock visivo ad ogni proiezione. Con Psyco, Hitchcock alza l’asticella della paura, miscelando suspense e sorpresa. La scena della doccia resta impressa nella mente dello spettatore per sempre, e non è l’unica. La protagonista Marion Crane (Janet Leigh) fugge dopo aver rubato dei soldi per cambiare vita, ma si imbatte in Norman Bates (Anthony Perkins) e il film riparte dopo oltre quaranta minuti dall’inizio. Un colpo di scena dopo l’altro, il maestro del brivido ci regala uno dei suoi film più disturbanti.
Federico Fellini ci porta all’interno di tre piani di realtà con il suo 8 e ½. Realtà, ricordi, immaginazione. Nel girotondo felliniano finale l’unità del racconto è garantita, vi partecipano insieme i personaggi della realtà, quelli del passato e quelli della fantasia. La storia è nota, il film è il risultato di una crisi creativa. Tre anni dopo aver girato quel successo mondiale che è La dolce vita, Fellini sta pensando ad un nuovo film di cui ha solo il titolo (perché si tratta del suo ottavo film e mezzo, considerando metà quelli co-diretti con altri registi). Non riuscendo a trovare una trama, Fellini è pronto a comunicare al produttore che il film non c’è, poi ha un’illuminazione: racconterà la storia di un regista che deve fare un film ma ha perso l’ispirazione.
L’opera stilisticamente più sperimentale di Bergman racconta la storia di Elisabeth Vogler (Liv Ullmann), acclamata attrice teatrale che si confina in un mutismo assoluto e viene ricoverata in ospedale. Il quadro clinico non rivela alcun disturbo evidente e la sua riabilitazione avviene nella casa al mare della dottoressa (Bibi Andersson) che l’ha presa in cura. Segreti, solitudine e una sovrapposizione di identità che ha fatto scuola (il film è uno dei preferiti di David Lynch).
2001: Odissea nello spazio parla dell’uomo e della sua storia, in particolare dell‘evoluzione degli esseri umani. L’opera più ambiziosa di Stanley Kubrick ci trasporta dal passato remoto al futuro prossimo, facendoci fare un salto temporale di milioni di anni. Dall'alba dell'uomo al primo volo verso Giove, c'è un monolito levigato che atterrisce le scimmie antropoidi e sbalordisce gli scienziati sulla base lunare: forse contiene i segreti dell’universo. Criptico, visivamente sbalorditivo, un film capace di portare la fantascienza ad un livello altissimo.
Clamoroso e immediato successo di critica e di pubblico, un capolavoro che è anche il film simbolo della New Hollywood. Il Padrino è il primo di tre film che costituiscono la trilogia più famosa di tutti i tempi. Ispirandosi all’omonimo romanzo del 1969 di Mario Puzo, Il padrino di Coppola inaugura un nuovo modo di raccontare la mafia, sviscerandola dall’interno e idealizzandone in parte figure e rituali. Fotografia, montaggio, musiche (di Nino Rota), interpretazioni, tutto in questo film ha influenzato il cinema di genere a venire.
Travis Bickle (Robert De Niro) è un ex marine reduce della guerra in Vietnam, che tenta di superare i traumi subiti. Soffre di insonnia e decide di trovarsi un lavoro notturno, ma non c’è un momento nelle sue giornate in cui riesce ad adeguarsi a ciò che ha intorno. De Niro è bravissimo e il film è una denuncia senza mezzi termini degli orrori di una guerra che in molti considerarono inutile. Solitudine, alienazione e incapacità di andare oltre le apparenze. Taxi Driver mette in scena questo e molto altro e la sceneggiatura di Paul Schrader è un concentrato di bravura.
In un futuro in cui regna una regressione opprimente, la Zona è un territorio inaccessibile, circoscritto dalle forze militari a causa di un’imprecisata catastrofe. Lo Stalker, sotto compenso, guida il Professore e lo Scrittore al suo interno, alla ricerca della verità e di una stanza che, si vocifera, offra la possibilità di esaudire i propri desideri… La fantascienza nelle mani di Tarkovskij travalica i limiti di genere, si trasforma in meditazione sul significato dell’esistenza.
Ancora fantascienza al servizio di riflessioni profonde e di domande sul significato dell’esistenza. Ho visto cose che voi umani… il monologo pronunciato dal replicante Rutger Hauer è diventato un tormentone e il futuro dispotico rappresentato è entrato con forza nell’immaginario collettivo. D’altronde alla base c’è Philip Dick e il romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep?, ci sono i grandi interrogativi che quest’opera solleva. Ridley Scott porta sullo schermo una Los Angeles indimenticabile, opprimente e senza sole, avvolta da una nebbia perenne e da una pioggia continua.
La storia narrata abbraccia circa quarantacinque anni, articolandosi in tre piani temporali: giovinezza, maturità e vecchiaia. Il tempo è il vero protagonista di C’era una volta in America, un viaggio nella memoria, alla ricerca di un tempo perduto. Sergio Leone, dopo aver rifiutato la regia del Padrino, si misura con un gangster movie monumentale, per attraversare oltre un quarantennio di storia americana e rileggere con il suo sguardo personale il genere.
Hanno smesso di gridare gli agnelli, Clarice? Con questa frase, Hannibal Lecter (Anthony Hopkins) si congeda dalla pellicola, la migliore tra quelle dedicate al famoso serial-killer. Una giovanissima Jodie Forster gli tiene testa in un film di genere che non dimentica la complessità dell’animo umano. Nessuno è senza peccato, senza colpa, ma sono tutti vittime dell’esistenza. Jonathan Demme confeziona una pellicola imperdibile e appassionante, intramontabile.
Partendo da nove racconti e una poesia dello scrittore statunitense Raymond Carver, Robert Altman realizza il suo film più riuscito. Trasferisce i disperati carveriani dalla provincia alla metropoli, ma il risultato non cambia. Critica spietata all’America degli anni Novanta, America oggi è il miglior film corale di sempre, una vera e propria lezione di scrittura. Sullo schermo c’è mezza Hollywood e il risultato sorprende ad ogni visione.
Il miglior film sull’Olocausto di sempre? Molto probabilmente sì. Tra finzione e realtà, Steven Spielberg ci restituisce tutto l’orrore di una delle pagine più oscure della storia umana. Oltre tre ore che sembrano minuti e un cappottino rosso, riflesso della coscienza del protagonista, che è diventato uno dei simboli della settima arte. Schindler’s List è un film perfetto, scorre inesorabile e in continuo crescendo, riuscendo in un’impresa tutt’altro che semplice.
Pulp fiction di Quentin Tarantino ha aperto la strada alla contemporanea fortuna dei film che giocano con il tempo, suddividendo il racconto in episodi e rimontandoli in modo apparentemente causale. Cast corale, un tripudio di omaggi e citazioni, un Oscar alla miglior sceneggiatura originale e decine di imitazioni. La pellicola ha insegnato a più di una generazione cosa sia il pulp, vero e proprio marchio di fabbrica di Tarantino.
Ci sono pochi altri personaggi cinematografici ad aver avuto la fortuna di Jeffery Lebowsky (Jeff Bridge), personaggio entrato nell’immaginario e nel mito. I fratelli Coen scrivono e dirigono un film difficile da classificare, mix di commedia, noir e crime, surreale e a tratti onirico. Il Drugo ha fatto scuola giocando a bowlind e bevendo White Russian, è un personaggio che non puoi non amare.
Tre amici e un trauma incancellabile. Inizia dal passato Mystic River e ci trasporta in un futuro che non è in grado di dimenticarlo, piuttosto ne viene condizionato. Ispirato al romanzo di Dennis Lehane La morte non dimentica, rappresenta uno dei picchi massimi della carriera di Clint Eastwood. Un thriller ma anche una riflessione sul senso di colpa e sulle implicazioni morali determinate dai nostri gesti. Sean Penn, Tim Robbins e Kevin Bacon sono perfetti nei loro rispettivi ruoli, ci trascinano nelle loro esperienze dolorose dall’inizio alla fine, luogo in cui le carte vengono tutte scoperte.
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