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29-09-2020
L’uso del carrello ha dato vita a centinaia di scene indimenticabili.
La carrellata è un movimento della macchina da presa e si ottiene montandola su un carrello, che avanza o arretra lungo un binario.
L’uso del carrello in avanti verso un’immagine ferma (carrellata in avanti) ha il valore di avvicinamento, di lenta entrata in contatto con una situazione. Fa aumentare l’interesse sull’azione che si sta svolgendo nella scena Al contrario, un carrello che si allontana dal soggetto ripreso (carrellata indietro) ha il valore di distacco morbido, di abbandono progressivo. Fa diminuire l’interesse sulla vicenda, sottolinea la chiusura di un ciclo e indica che si sta chiudendo un episodio.
Il carrello può precedere i personaggi (carrellata a precedere), vedendoli frontalmente e concentrando l’attenzione dello spettatore su di loro, oppure può seguirli (carrellata a seguire) dando più rilevanza al contesto dell’azione.
Il carrello può muoversi lateralmente (carrellata laterale), verticalmente (carrellata verticale), in senso obliquo (carrellata obliqua) o in circolo (carrellata circolare), ottenendo così effetti diversi e differenti risultati di senso. Pensiamo alla carrellata circolare, quella che permette alla macchina da presa di compiere un giro completo intorno ad un soggetto, enfatizzandolo.
L’uso del carrello è un’arte, che ha dato vita a centinaia di scene indimenticabili. Difficile scegliere, ma ci abbiamo provato.
Eccone cinque memorabili.
Impossibile non citare questo film del 1914 firmato da Giovanni Pastrone, regista che possiamo considerare il padre del carrello cinematografico.
Pastrone muove la macchina non solo a destra e a sinistra, grazie alle panoramiche, ma anche avanti e indietro, obliquamente, in profondità, creando un effetto mai visto prima, entrando nella scena e coinvolgendo molto più emotivamente lo spettatore.
Nel più grande kolossal italiano del cinema muto, Pastrone usa il carrello in maniera sistematica (montando delle piccole ruote al cavalletto). Carrellate in avvicinamento e poi in allontanamento (come accade nella scena del mercato di Cartagine), carrellate laterali o inclinate verso il basso (accade nella scena dell’agonia e della morte di Sofonisba), per sottolineare la drammaticità del momento.
La più famosa sequenza della storia del cinema, quella del massacro sulla scalinata di Odessa, fu ripresa in una settimana. Per realizzarla, Sergej Ėjzenštejn fece costruire un carrello della lunghezza dell’intera scalinata.
Per accrescere il pathos e la tragicità degli eventi, il regista russo utilizzò carrellate laterali e a precedere, accompagnando così lo sguardo del pubblico lungo la discesa della celebre carrozzina.
La corazzata Potëmkin esce in sala nel 1925 e la scena in questione è rimasta nella storia, grazie a un numero impressionante di citazioni, omaggi (vedere la scena della scalinata alla stazione ne "Gli Intoccabili" di Brian De Palma per credere) e carrellate.
Ossessione, controllo, incubo, sogno, malattia, vertigine.
La donna che visse due volte (1957) è un film di spirali (scale a chiocciola, abissi e chignon) e di cerchi. Alfred Hitchcock si misura con una struttura circolare e con tecniche di ripresa destinate ad essere applaudite per sempre.
La più famosa carrellata circolare di tutti i tempi si trova qui. Intorno ai protagonisti, James Steward e Kim Novak, la macchina da presa compie un giro a 360 gradi, tra realtà e ossessione. La carrellata ci permette di entrare nella mente dei personaggi, di enfatizzare i loro stati d’animo, di enfatizzare il frangente.
Carrellata, long take e soggettiva. Poco prima dell’attacco, Stanley Kubrick sceglie di filmare un lungo scambio di sguardi, attraverso una lunghissima e memorabile carrellata.
Il tenente Dax cammina all’interno della trincea, passando in rassegna i suoi uomini. Volti lividi, sguardi fissi e a breve corpi che diventeranno facile bersaglio per il nemico.
La carrellata precede Kirk Douglas, si trasforma in soggettiva, poi lo pedina sino a trasportare lui e gli altri nell’orrore.
Nelle carrellate a precedere il personaggio è valorizzato, dato che procede frontalmente “verso il pubblico”. Allo stesso tempo però esso viene ben inserito nell’ambiente: quando i lati sono vuoti, è lo sfondo a incombere dietro di lui nel corso del movimento. Nel caso del long take che segue, tratto da “Orizzonti di gloria” (“Paths of Glory”, 1957, USA), Stanley Kubrick usa invece la carrellata a precedere proprio per mettere in evidenza i “lati” dell’ambiente: la trincea scorre a fianco dei due ufficiali angusta e inospitale, con i soldati feriti e stanchi assiepati contro i suoi bordi. Il contrasto con il procedere marziale dei due è accentuato dalla scelta dell’angolazione dal basso con cui sono ripresi e dalla distanza: una figura intera che, evitando la vicinanza con le espressioni dei loro volti, contribuisce a mantenere il pubblico lontano dai due, obbligandolo a confrontare le loro parole con la realtà dei fatti.
Contribuisce all’effetto la musica: percussioni cupe all’inizio quando passa una lettiga con un ferito, diventa una marcetta quando gli ufficiali occupano l’inquadratura, a sottolinearne l’altero distacco dalla condizione dei loro sottoposti.
Da La donna che visse due volte a Lo squalo (1975) il passo non è breve. Eppure, la celebre carrellata che catapulta lo sguardo del capo della polizia Brody dalla terra al mare deve molto ad Alfred Hitchcock.
Uno zoom in avanti e una carrellata indietro, in alternativa, uno zoom all’indietro e una carrellata in avanti. Una distorsione prospettica che prende il nome di effetto Vertigo, perché utilizzata in più occasioni nella celebre pellicola.
Gli americani chiamano questo effetto dolly-zoom e la scena dell’avvistamento dello squalo è un momento di grande cinema.
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